giovedì 30 agosto 2018

"The Post" di Steven Spielberg


Stati Uniti 1971, quando l'esercito americano è ancora coinvolto nella guerra del Vietnam, un quotidiano: il Times, pubblica dei documenti che rivelano delle verità scottanti al riguardo, dimostrando la consapevolezza, da parte delle alte sfere americane, dell'inutilità della missione bellica in Asia. Anche un altro giornale: il Washington Post, viene in possesso dei documenti citati, e non esita a pubblicarli, nonostante sia già intervenuta la corte suprema statunitense a bloccare il ben più prestigioso quotidiano che ha osato sfidare il potere.
Ennesimo capolavoro di Spielberg, che tratta di un argomento sempre attuale: i limiti della libertà di stampa. Questi raccontati dal regista di Schindler's list sono fatti veri, e dimostrano che la storia si ripete ciclicamente, anche se non in maniera identica; viene spontaneo tifare per coloro che parteggiano per una libertà di stampa assoluta, che non può mai subire interferenze, da qualunque parte vengano. Ottimi, nemmeno a dirlo, i due protagonisti del film: Tom Hanks e Meryl Streep, ma bravi anche gli altri attori che contribuiscono non poco a rendere quest'opera quasi perfetta.


Titolo: The Post
Nazione: Stati Uniti
Anno: 2017
Genere: Biografico
Regia: Steven Spielberg
Cast: Tom Hanks, Meryl Streep, Sarah Paulson, Tracy Letts, Bob Odenkirk, Bradley Whitford, Bruce Greenwood, Matthew Rhys, Carrie Coon, Alison Brie, David Cross, Jesse Plemons, Zach Woods, Michael Stuhlbarg, Pat Haley, Jessie Mueller, Deirdre Lovejoy.
Durata: 118 minuti.

sabato 25 agosto 2018

"Un taxi color malva" di Yves Boisset


Tutto si svolge in un villaggio irlandese a due passi dalla costa: lì, una serie di personaggi più o meno ricchi e sfaccendati, trovano vari modi per frequentarsi. C'è un giornalista di mezza età che cerca di riprendersi dalla recente scomparsa del figlio e dalla crisi coniugale conseguente al lutto; un giovane americano di famiglia ricca, anche lui desideroso di dimenticare un periodo difficile; la sorella del giovane, spavalda e superba, che si diverte a provocare e sedurre gli amici del fratello; un signore attempato ed eccentrico, che dice di essere nato in Russia e che vive in un grande palazzo insieme alla figlia apparentemente muta e isolata da tutto e da tutti; un vecchio medico che si aggira per il villaggio con la sua automobile dal colore improbabile (da cui il titolo del film). E la storia si dipana in modo poco credibile, tra battute di caccia, pranzi, incontri nell'unico pub presente nel villaggio, passeggiate ecc. I protagonisti si relazionano tra ubriacature a go go, rapporti sessuali, colpi di scena, confidenze e rivelazioni insospettabili. Alla fine, dopo una serie di scombussolamenti che non portano a nulla, ognuno torna a vivere la propria vita senza drastici mutamenti. Non è un gran film, anche se il principio sembra promettere chissà cosa. Si salvano alcuni dialoghi, i paesaggi bellissimi (su cui il regista purtroppo si sofferma ben poco) e le recitazioni di diversi attori indubbiamente bravi.

Titolo: Un taxi color malva
Nazione: Francia/Italia
Anno: 1977
Genere: Drammatico
Regia: Yves Boisset
Cast: Philippe Noiret, Charlotte Rampling, Peter Ustinov, Edward Albert, Fred Astaire, Agostina Belli, Jack Watson.
Durata: 120 minuti.

CITAZIONE
Si dice che quando l'elefante vecchio sente arrivare la sua ultima ora si distacca dal branco, s'inoltra nella foresta in cerca della pista per il cimitero e solo se è vicino a morire riesce a trovarla; mentre l'uomo che cerca di precedere la propria morte, si sperde nei meandri della vita come se fosse in un labirinto; e per quell'uomo, l'Irlanda - femmina dal grande cuore - sarà sempre una delle cornici più affascinanti.

venerdì 10 agosto 2018

"Garofano rosso" di Luigi Faccini


La storia è ambientata a Siracusa, nell'anno 1924, ovvero poco tempo dopo il delitto Matteotti. Alessio Mainardi è uno studente liceale che s'innamora di una compagna di scuola: Giovanna, ma il suo amore non è ricambiato; dopo alcuni comportamenti di sfida nei confronti dei professori, Alessio viene espulso dall'istituto scolastico, e ne approfitta per fare una breve visita alla casa dei genitori, nell'entroterra siciliano; quindi torna nella città di residenza, dove si rende conto che molte cose, nel frattempo, sono cambiate.
Ispirato al romanzo omonimo di Elio Vittorini, questo film mi sembra un po' troppo lento e, in diverse circostanze, anche poco esplicabile. La scena migliore ed anche fortemente simbolica, è senz'altro quella finale, in cui dei giovani studenti che si trovano in una piazza, smontano una pistola caduta dalla tasca di uno squadrista e poi si salutano col pugno alzato. Non se la cava male il giovane Miguel Bosé nel ruolo del protagonista, anche se a volte dà l'impressione di essere troppo inespressivo ed eccessivamente imbambolato; buona la recitazione di Elsa Martinelli e piacevole, seppure fugace, la presenza di Marina Berti. Il regista, ovvero Luigi Faccini, riesce a rievocare in modo egregio il periodo storico della vicenda, come farà ancora in un altro film di quattro anni dopo: Nella città perduta di Sarzana. Non convenzionale la scelta di affidare la colonna sonora al Banco del Mutuo Soccorso, le cui musiche si dimostrano adeguate alle varie scene cruciali del film.


Titolo: Garofano rosso
Nazione: Italia
Anno: 1976
Genere: Drammatico
Regia: Luigi Faccini
Cast: Miguel Bosé, Elsa Martinelli, Denis Karvil, Marina Berti, Carlo Cabrini, Maria Monti, Giuseppe Atanasio, Marisa Mantovani, Giovanni Rosselli, Giovanna Di Bernardo, Alberto Cracco, Isa Barzizza.
Durata: 113 minuti.

martedì 7 agosto 2018

"Il testimone deve tacere" di Giuseppe Rosati


Il film si apre con l'omicidio di un commissario di polizia per mano di un sicario agli ordini di un ingegnere indagato per alcune speculazioni edilizie. Mentre l'ingegnere e il killer stanno fuggendo dal luogo del delitto a gran velocità in un'automobile, sbandano e impattano il bordo della strada; un medico che si trova a passare lì per caso, presta i primi soccorsi ai due incidentati e fa in modo che l'ingegnere, unico sopravvissuto all'impatto, possa riprendersi velocemente; quindi si allontana per avvertire le forze dell'ordine sull'accaduto, ma quando ritorna con i poliziotti sul luogo dell'incidente, non trova più nulla. Da quel momento nasceranno una serie di guai che coinvolgeranno direttamente il povero e onesto testimone. Malgrado la critica lo abbia stroncato, questo film non è affatto da buttare, e tratta un argomento difficile, attinente al potere occulto di certi personaggi importanti, che possono permettersi il lusso di far fuori anche rappresentanti delle forze dell'ordine, rimanendo impuniti. Del fatto che in Italia si siano verificati e si verifichino ancora episodi come quello raccontato in questo film, non posso esserne sicuro, ma la storia lontana e recente del nostro paese, fatta di stragi, omicidi, intimidazioni, attentati e quant'altro, mi fa fortemente sospettare che questa vicenda non sia così lontana dalla realtà. Bravi gli attori, a partire da Bekim Fehmiu, che si ricorda soprattutto per la sua interpretazione di Ulisse nella celebre serie TV L'Odissea, trasmessa dalla Rai parecchi anni fa; buone prove anche per Aldo Giuffrè, Rosanna Schiaffino e Romolo Valli (quest'ultimo ricopre una piccola parte, ma come al solito lascia il segno). Belle le musiche di Francesco De Masi. Quanto al regista, Giuseppe Rosati ebbe una certa fama a metà degli anni '70, grazie ad alcuni polizieschi di buona fattura come questo e il successivo La polizia interviene: ordine di uccidere! (1975).

Titolo: Il testimone deve tacere
Nazione: Italia
Anno: 1974
Genere: Poliziesco
Regia: Giuseppe Rosati
Cast: Bekim Fehmiu, Aldo Giuffrè, Rosanna Schiaffino, Elio Zamuto, Guido Leontini, Guido Alberti, Franco Ressel, Daniele Vargas, Claudio Nicastro, Barbara Betti, Guido Alberti, Luigi Pistilli.
Durata: 100 minuti.

CITAZIONE
Qui finisce la mia storia, quella del dottor Giorgio Sironi... Ogni riferimento a fatti, nomi, luoghi, è puramente casuale. Ci scusiamo quindi con chi volesse identificarsi in uno dei vari personaggi. La morale però resta... come l'onestà silenziosa (quella che più conta) di cittadini, di uomini politici, di magistrati, di tutori dell'ordine, che coraggiosamente ogni giorno continuano a difendere il nostro stato democratico!

mercoledì 1 agosto 2018

"Assassinio sul ponte" di Maximilian Schell


In un mattino nebbioso di novembre, a due passi da una città della Svizzera viene trovato il cadavere di un poliziotto. Si scoprirà che l'uomo è stato vittima di un omicidio, e che intorno all'atto criminoso gravitano due personaggi: un commissario di polizia e un trafficante d'armi, che si conobbero trent'anni prima. Non è un film eccezionale, ma possiede dei pregi. Si rifà ad un famoso romanzo: Il giudice e il suo boia di Friedrich Dürrenmatt. Alcune peculiarità della pellicola risultano piuttosto curiose: Donald Sutherland fa una piccola parte, e lo si vede già morto all'inizio del film o in qualche foto; il protagonista principale è il regista Martin Ritt, che diresse lungometraggi indimenticabili come Nel fango della periferia e Norma Rae; qui, nei panni di un commissario, non sfigura affatto. Altra particolarità del film è la regia di Maximilian Schell: decisamente più famoso come attore, che pure se la cava nella insolita veste di direttore. Belle e malinconiche le musiche di Ennio Morricone; suggestivi i paesaggi elvetici, quasi sempre avvolti nella nebbia novembrina.


Titolo: Assassinio sul ponte
Nazione: Germania
Anno: 1975
Genere: Giallo
Regia: Maximilian Schell
Cast: Martin Ritt, John Voight, Jaqueline Bisset, Robert Shaw, Gabriele Ferzetti, Friedrich Dürrenmatt, Willy Huegli, Wieland Liebske, Rita Calderoni, Donald Sutherland.
Durata: 98 minuti.