giovedì 26 luglio 2018

"Irene Irene" di Peter Del Monte


Parla di un giudice ormai sulla sessantina, che, dopo una giornata lavorativa come un'altra, torna a casa (abita a Firenze) e non trova più la moglie Irene, che è andata via lasciandogli una lettera in cui confessa tutte le sue problematiche ed i suoi tormenti, concludendo che partire è l'unico modo rimastogli per sopravvivere. A questo punto il giudice entra in una crisi profonda, spirituale e fisica. Il suo medico gli consiglia di prendersi un periodo di riposo e lo spinge ad andare in una clinica sui laghi, dove un ambiente tranquillo e una clientela particolare lo aiuterebbero a superare la momentanea défaillance. Il giudice accetta, e in quel luogo di cura fa amicizia con una giovane donna, anche lei afflitta da problemi seri. Ma la parentesi dura poco, e il giudice ritorna a casa. Prova a riprendere il lavoro ma non ci riesce, e allora fa visita al figlio Silvano che vive a Roma con la moglie e due bambine; qui Boeri - questo è il cognome del protagonista - trova nella nuora una persona con cui confidarsi, che riesce anche a comprenderlo e a consolarlo. All'improvviso, mentre il giudice è a cena con la famiglia di Silvano, giunge la notizia che Irene è morta. Il giudice, insieme al figlio e alla nuora, si reca a Cividale: luogo dove Irene è nata ed ha trascorso la gioventù, per assistere ai suoi funerali; qui, per il breve tempo nel quale vi soggiorna, Boeri cerca tutte le persone più care e vicine a Irene, domandandogli notizie di lei. Poi torna di nuovo a casa, sempre più pensieroso e incapace di continuare a vivere. Un giorno, mentre sta viaggiando nello scompartimento di un treno, muore. La nuora - ovvero l'unica persona a cui stava a cuore la sorte del giudice - torna nella casa dei due scomparsi e legge le lettere che si erano scritte qualche mese prima di morire. Poco conosciuto, girato da un regista ancora giovane, questo film partecipò al Festival Cinematografico di Venezia, ottenendo ampi consensi dalla critica. E' una vicenda dal ritmo lento, fatta di lunghi silenzi, colloqui a bassa voce, espressioni estatiche e paesaggi immersi nel grigiore. Ma è anche un film psicologico, dove il protagonista: un magistrato tutto d'un pezzo, che va avanti basandosi sulle sue certezze acquisite che sono la famiglia, il lavoro e la legge, improvvisamente crolla a causa di un evento totalmente inatteso: la fuga della moglie Irene. I suoi successivi tentativi di ritrovare il bandolo della matassa e di ricominciare una nuova vita saranno inutili, e la morte avvenuta in modo apparentemente naturale sarà l'unico modo di superare una crisi intollerabile e irrimediabile. Irene, ovvero la moglie del giudice, nel film non si vede mai. Molto bella è la scena del sogno di Boeri, che assomiglia ad un quadro e in parte ricorda gl'incubi di Isak Borg nel celebre film Il posto delle fragole. Perfetto nella parte del protagonista è l'attore francese Aalain Cuny; eccellente l'interpretazione di Sibilla Sedat nel ruolo della giovane malata, soprattutto nei momenti in cui assume degli sguardi totalmente assenti. Da ricordare la presenza, seppure in una parte poco importante, di Maria Michi: un'attrice che comparve in film memorabili del neorealismo, come Roma città aperta e Paisà.



Titolo: Irene Irene
Nazione: Italia
Anno: 1975
Genere: Drammatico
Regia: Peter Del Monte
Cast: Alain Cuny, Olimpia Carlisi, Sibilla Sedat, Vania Vilers, Paola Barbara, Francesco Carnelutti, Maria Michi, Laura De Marchi, Carlo Hintermann, Riccardo Mangano, Dieter Kopp, Antonio Francioni, Emanuela Barattolo, Biagio Pelligra.
Durata: 105 minuti.

CITAZIONE
   Caro Silvano
Sto bene, non c'è da avere preoccupazioni di sorta. Sono tornato a casa ma non al lavoro; il motivo ufficiale è che ho ancora bisogno di riposo, ma la realtà è diversa: sono inquieto, perfino confuso. Da quando tua madre se ne è andata stanno maturando in me sentimenti nuovi, che ancora non riesco a definire; di fronte ad essi mi sento impreparato, smarrito; non è stanchezza la mia, né solo inquietudine per la perdita di un caro modo di vivere: non ritrovo più la mia serenità; quell'armonia che ho spesso trovato e realizzato nella mia vita si è perduta. Non è la prima volta che si fa strada in me uno stato irritante di attesa, l'angosciosa sensazione di domande senza risposta. Ho sempre avuto il conforto di un passato e un presente di realizzazioni affettive alle quali fino a ieri potevo rivolgermi senza timori, con la coscienza di aver operato conformemente a idee giuste faticosamente conquistate, ma queste certezze vengono meno ogni giorno di più, e lo sgomento che mi ha preso da quando Irene se n'è andata, cresce. M'iscrivo a te, che d'Irene sei il figlio.

lunedì 23 luglio 2018

"Domenica, maledetta domenica" di John Schlesinger


Forse è stato uno dei primi film ad occuparsi di argomenti allora ritenuti scabrosi, e non meraviglia il fatto che il regista sia il britannico John Schlesinger, autore, due anni prima di questo, di un altro lungometraggio "scandaloso": Un uomo da marciapiede, grazie al quale ottenne l'oscar come miglior regia. Malgrado si fosse già trasferito negli USA da alcuni anni, per girare Domenica, maledetta domenica Schlesinger tornò nel suo paese nativo, forse perché negli Stati Uniti ancora non c'era abbastanza libertà da garantirgli il consenso della censura; d'altronde, nel medesimo anno, anche il grande Stanley Kubrick andò in Inghilterra a girare il memorabile Arancia meccanica. Il film parla della doppia relazione di un giovane artista con una donna divorziata più grande di lui e con un medico di origine ebraica; in questo inusuale triangolo il giovane si districa dedicando un po' di tempo a ciascuno dei suoi amanti, fino al giorno in cui decide di trasferirsi a New York, abbandonandoli entrambi. I protagonisti della pellicola sono, più che il ragazzo, i due attempati spasimanti. Si rimane colpiti favorevolmente dai risvolti psicologici, dagli episodi più o meno intensi che si susseguono nelle due settimane in cui si svolge la vicenda, e dall'umanità dei personaggi principali. Mirabili le interpretazioni di Peter Finch e di Glenda Jackson, che pure si trovano a recitare insieme soltanto nel finale del film; ottima la regia di Schlesinger.



Titolo: Domenica, maledetta domenica
Nazione: Gran Bretagna
Anno: 1971
Genere: Drammatico
Regia: John Schlesinger
Cast: Peter Finch, Glenda Jackson, Murray Head, Peggy Ashcroft, Maurice Denham, Tony Britton, Bessie Love, Vivian Pickles, Frank Windsor.
Durata: 108 minuti.

CITAZIONE
Quando uno va a scuola e si lamenta, tutti gli dicono: «Vedrai quanto è peggio la vita!» Io non volevo crederci, e avevo ragione; a quell'età non vedevo l'ora di diventare grande. E dicevano: «La fanciullezza è l'epoca migliore della vita», ma non è vero... Adesso che voglio la sua compagnia loro dicono: «Dato che devi dividerlo, meglio non averlo affatto», e io dico: «Sì, questo lo so, ma mi manca. Ecco tutto»; loro dicono: «Non ti ha mai reso felice», e io dico: «Ma io sono felice, a parte che mi manca». Diciamo che è come se avessi un po' di tosse... In tutta la vita ho sempre cercato una persona coraggiosa, piena di risorse: lui non lo è, però è qualcosa; noi eravamo qualcosa... è solamente un po' di tosse.

martedì 17 luglio 2018

"La messa è finita" di Nanni Moretti


La messa è finita è stato il film che, per la prima volta, mi ha fatto apprezzare il cinema di Nanni Moretti. Prima di questa, non avevo mai visto interamente alcuna opera del cineasta romano; quando, all'uscita nelle sale, vidi i trailer del lungometraggio, fui molto sorpreso di trovare l'attore-regista nei panni di un religioso, poiché, fino ad allora, quei panni non mi parevano consoni al suo pensiero. Ma appena cominciai a vedere il film, subito mi resi conto di come li vestisse perfettamente, quei panni, e quanto fosse interessante e coinvolgente la storia di quel parroco che, trasferitosi da un'isola ad una parrocchia posta all'interno del quartiere dove era nato, e dove risiedevano ancora i suoi familiari ed i suoi amici, prova in tutti i modi a rendersi utile, ad aiutare e ad amare le anime della sua comunità, non riuscendovi mai. Trova, infatti, un mondo che non riconosce più, pieno di persone che hanno scelto strade sbagliate, che mostrano un'indifferenza totale ai tentativi del sacerdote di dissuaderli dai loro propositi; un mondo, alla fine, dove dominano l'egoismo, il menefreghismo, la stupidità, la falsità e la prepotenza. Ma il religioso non si arrende facilmente allo stato delle cose, e reagisce in modo rabbioso, provandole tutte per cambiare delle situazioni che non può tollerare, come la relazione extraconiugale dell'anziano padre; l'intenzione di abortire della sorella; la scelta d'interrompere qualunque relazione sociale dell'amico ecc. Però, malgrado gli estremi sforzi, il sacerdote finirà per rassegnarsi al fatto che gli è impossibile porre qualunque rimedio alle scomode e spiacevoli realtà del suo quartiere; il suicidio della madre sancisce il suo fallimento totale, e costringe il prete a dire addio alla sua gente. Se non è il più bello, è senz'alto tra i migliori film di Moretti; possiede molte qualità, anche decisamente differenti tra loro: è nello stesso tempo profondo e spassoso, drammatico e comico, accusatorio e compassionevole. Insieme a Bianca, uscito due anni prima, La messa è finita rappresenta sicuramente una svolta nella cinematografia di Moretti, che, nei primi film, non si era mai cimentato in vicende che avevano risvolti altamente drammatici. E' anche una chiara accusa nei confronti della società moderna, che disumanizza chiunque, causando incomunicabilità e, di conseguenza, solitudine. E, poiché è evidente che nella solitudine diventa quasi impossibile trovare un minimo di felicità, il regista-sacerdote esorta i suoi conoscenti alla vita in comunità, malgrado le difficoltà che quest'ultima comporti, perché è solo stando insieme agli altri che è possibile gioire, amare e vivere serenamente; quindi ammonisce tutti coloro che scelgono di vivere da soli. Dopo aver visto questo film, volli approfondire l'intera produzione cinematografica di Moretti, e perciò cercai tutte le pellicole che non avevo ancora visto o che avevo visto solo parzialmente, scoprendo l'enorme talento dell'attore e regista romano, che da quel momento seguii costantemente, ogniqualvolta uscisse nelle sale un suo nuovo film. Sembra strano, ma La messa è finita, in quanto a premiazioni, ottenne soltanto il Leone d'argento al festival di Berlino. Certamente avrebbe meritato molto di più.



Titolo: La messa è finita
Nazione: Italia
Anno: 1985
Genere: Drammatico
Regia: Nanni Moretti
Cast: Nanni Moretti, Ferruccio De Ceresa, Marco Messeri, Margarita Lozano, Eugenio Masciari, Enrica Maria Modugno, Dario Cantarelli, Vincenzo Salemme, Luisa De Santis, Pietro De Vico, Roberto Vezzosi, Luigi Moretti.
Durata: 94 minuti

CITAZIONE
"Parto, vado molto lontano, in un posto dove c'è un vento che fa diventare pazzi e dove hanno bisogno di un amico. Qui non ci posso più stare, e per voi mi sono reso conto che non posso fare nulla; ho provato, ma non ce l'ho fatta. Spero sarete capaci di perdonarmi. La mia vita è bella, perché sono stato molto amato; io sono un uomo fortunato".