Parla di un
giudice ormai sulla sessantina, che, dopo una giornata lavorativa come
un'altra, torna a casa (abita a Firenze) e non trova più la moglie Irene, che è andata via lasciandogli una lettera in cui confessa tutte le sue
problematiche ed i suoi tormenti, concludendo che partire è l'unico modo
rimastogli per sopravvivere. A questo punto il giudice entra in una crisi
profonda, spirituale e fisica. Il suo medico gli consiglia di prendersi un
periodo di riposo e lo spinge ad andare in una clinica sui laghi, dove un
ambiente tranquillo e una clientela particolare lo aiuterebbero a superare la
momentanea défaillance. Il giudice
accetta, e in quel luogo di cura fa amicizia con una giovane donna, anche lei
afflitta da problemi seri. Ma la parentesi dura poco, e il giudice ritorna a
casa. Prova a riprendere il lavoro ma non ci riesce, e allora fa visita al
figlio Silvano che vive a Roma con la moglie e due bambine; qui Boeri - questo è
il cognome del protagonista - trova nella nuora una persona con cui confidarsi,
che riesce anche a comprenderlo e a consolarlo. All'improvviso, mentre il
giudice è a cena con la famiglia di Silvano, giunge la notizia che Irene è
morta. Il giudice, insieme al figlio e alla nuora, si reca a Cividale: luogo
dove Irene è nata ed ha trascorso la gioventù, per assistere ai suoi funerali;
qui, per il breve tempo nel quale vi soggiorna, Boeri cerca tutte le persone più care
e vicine a Irene, domandandogli notizie di lei. Poi torna di nuovo a casa,
sempre più pensieroso e incapace di continuare a vivere. Un giorno, mentre sta
viaggiando nello scompartimento di un treno, muore. La nuora - ovvero l'unica
persona a cui stava a cuore la sorte del giudice - torna nella casa dei due
scomparsi e legge le lettere che si erano scritte qualche mese prima di morire.
Poco conosciuto, girato da un regista ancora giovane, questo film partecipò al
Festival Cinematografico di Venezia, ottenendo ampi consensi dalla critica. E'
una vicenda dal ritmo lento, fatta di lunghi silenzi, colloqui a bassa voce,
espressioni estatiche e paesaggi immersi nel grigiore. Ma è anche un film
psicologico, dove il protagonista: un magistrato tutto d'un pezzo, che va
avanti basandosi sulle sue certezze acquisite che sono la famiglia, il lavoro e
la legge, improvvisamente crolla a causa di un evento totalmente inatteso: la
fuga della moglie Irene. I suoi successivi tentativi di ritrovare il bandolo
della matassa e di ricominciare una nuova vita saranno inutili, e la morte avvenuta
in modo apparentemente naturale sarà l'unico modo di superare una crisi
intollerabile e irrimediabile. Irene, ovvero la moglie del giudice, nel film
non si vede mai. Molto bella è la scena del sogno di Boeri, che assomiglia ad
un quadro e in parte ricorda gl'incubi di Isak Borg nel celebre film Il posto delle fragole. Perfetto nella
parte del protagonista è l'attore francese Aalain Cuny; eccellente
l'interpretazione di Sibilla Sedat nel ruolo della giovane malata, soprattutto
nei momenti in cui assume degli sguardi totalmente assenti. Da ricordare la
presenza, seppure in una parte poco importante, di Maria Michi: un'attrice che
comparve in film memorabili del neorealismo, come Roma città aperta e Paisà.
Titolo: Irene Irene
Nazione: Italia
Anno: 1975
Genere: Drammatico
Regia: Peter Del Monte
Cast: Alain Cuny, Olimpia Carlisi, Sibilla Sedat, Vania Vilers,
Paola Barbara, Francesco Carnelutti, Maria Michi, Laura De Marchi, Carlo
Hintermann, Riccardo Mangano, Dieter Kopp, Antonio Francioni, Emanuela
Barattolo, Biagio Pelligra.
Durata: 105 minuti.
CITAZIONE
Caro Silvano
Sto bene, non c'è
da avere preoccupazioni di sorta. Sono tornato a casa ma non al lavoro; il
motivo ufficiale è che ho ancora bisogno di riposo, ma la realtà è diversa:
sono inquieto, perfino confuso. Da quando tua madre se ne è andata stanno
maturando in me sentimenti nuovi, che ancora non riesco a definire; di fronte
ad essi mi sento impreparato, smarrito; non è stanchezza la mia, né solo
inquietudine per la perdita di un caro modo di vivere: non ritrovo più la mia
serenità; quell'armonia che ho spesso trovato e realizzato nella mia vita si è
perduta. Non è la prima volta che si fa strada in me uno stato irritante di
attesa, l'angosciosa sensazione di domande senza risposta. Ho sempre avuto il
conforto di un passato e un presente di realizzazioni affettive alle quali fino
a ieri potevo rivolgermi senza timori, con la coscienza di aver operato
conformemente a idee giuste faticosamente conquistate, ma queste certezze
vengono meno ogni giorno di più, e lo sgomento che mi ha preso da quando Irene
se n'è andata, cresce. M'iscrivo a te, che d'Irene sei il figlio.