venerdì 23 agosto 2013

Il duello finale di "C'era una volta il west"

Credo non sia discutibile il fatto che, nei migliori film (western e non) di Sergio Leone le musiche del grande Ennio Morricone contribuiscano in modo consistente al grande successo e all'incommensurabile fascino che essi hanno avuto sul pubblico. Se si prende in esame "C'era una volta il west", film western tra i migliori di sempre diretto da Leone nel 1968 e interpretato da bravissimi attori come Charles Bronson, Henry Fonda e Claudia Cardinale, incancellabile dalla memoria è la scena del duello finale tra i due protagonisti: Harmonica (Bronson) e Frank (Fonda); la sequenza, accompagnata da una musica intensa e molto coinvolgente, è molto lunga, troppo si potrebbe dire se non ci fosse appunto questo brano strumentale, il quale conferisce all'episodio un pathos straordinario che, insieme alle geniali e poetiche immagini create da Leone, fanno sì che vada valutata come uno dei momenti più alti e drammatici del cinema di ogni tempo.


 

domenica 18 agosto 2013

Da "Durante l'estate" di Ermanno Olmi (L'importanza dei colori)

È una cosa molto importante, sa, amare i colori. Perché sono soprattutto i colori che ci aiutano a capire il significato di tutte le cose. Si ricorda l'altra sera dal conte Carlo?  Ecco, il colore è come l'espressione. È la luce: senza luce non ci sarebbero i colori, no? Perché la luce non serve solo a rischiarare, ma passa attraverso le cose; ed è come se tutte le cose si accendessero del loro giusto colore. I fiori finti, per esempio, possono avere anche colori bellissimi, ma in confronto a questi sono colori senza luce. L'universo, invece, è pieno di colori luminosi, infiniti. Noi nemmeno ce lo immaginiamo quanti colori ci sono nell'universo. Prenda un prato, per esempio. Se ci chiedono di che colore è un prato, diciamo che è verde: perché a guardarlo, così, a distanza, ci sembra verde. Ma se appena ci avviciniamo, scopriamo che è pieno di colori diversi: perfino ogni filo d'erba ha un suo colore particolare.

sabato 17 agosto 2013

Da "Allonsanfan" di Paolo e Vittorio Taviani

Perché sei venuto a riprendermi? Perché venite a riprendermi? Ma dove credete di andare così mascherati? Sono venti anni che andate... venite... vi mascherate... e corriamo dietro a faville che sono soltanto cenere. Dio mio come mi siete venuti a noia! State diventando anche voi delle tremende abitudini.
Da come cavalchi il tuo purosangue, Gioacchino, ti riconosco. Da come cammini, Ugo, con la tua artrosi. Da come saltelli, Lionello; so perché stai saltando: cerchi di nascondere la vocazione alla morte che ti porti dietro... imbecille! Se lo rifai ti sparo addosso! Dovevi affogarmi Lionello, dovevate lasciarmi morire di febbre, avete sbagliato a lasciarmi guarire. Sono guarito, sono cambiato, sto bene qui dove tutti mi vogliono bene.
Tito... Tito mio, ho perso la fede! e non puoi cercare nemmeno di consolarmi perché sono io che ho pena di te: tu non vivi Tito mio, sopravvivi a qualcosa che è finito da tempo e che forse ricomincerà quando io e te saremo vecchi. Non chiedermi quello che voglio, so soltanto quello che non voglio più.
E tu dove guardi, Massimo? Abbassa gli occhi o inciamperai. Non sopporto i vostri occhi sempre volti al futuro. A me la vita è data una sola volta e non voglio aspettare la felicità universale; chi di voi, pazzi, mi ama abbastanza da proteggermi contro la morte? Non guardarmi così, se qualcosa ti deve spaventare non è la mia disperazione ma la mia allegria; tu neanche immagini cosa si possa chiedere di diverso alla vita.