martedì 15 maggio 2012

L'epilogo di "Edipo Re"

Le scene finali di "Edipo Re", ottimo film di Pier Paolo Pasolini del 1967, sono tra le più belle del cinema italiano. Edipo, interpretato da Franco Citti, si ritrova a vivere nella realtà italiana degli anni '60, precisamente in una città industriale del Nord, la stessa che si vede all'inizio del film, ma con uno sbalzo temporale di quarant'anni. Edipo, ormai cieco, girovaga accompagnato dal fido Angelo (Ninetto Davoli), il suo messaggero, alla ricerca dei luoghi delle sue origini, ogni tanto si ferma in un posto e suona un piffero mentre Angelo si distrae e gioca nei dintorni. Brevi però sono le soste di Edipo, che presto richiama il messaggero e si rimette a vagare, fino a quando arriva in un luogo che gli ricorda qualcosa: è lo stesso prato delle sequenze iniziali del film, che mostra un Edipo moderno appena nato, cullato dalla madre (Silvana Mangano) e osservato dal padre. Edipo intuisce di essere giunto nel luogo che stava cercando, ma non potendo vederlo, chiede ad Angelo che gli venga descritto. È a questo punto che inizia l'ultimo dialogo del film:


Edipo: - Dove siamo? -
Angelo: - Siamo in un posto con tanti alberi messi in fila e con tanti fiumiciattoli, e un grande prato verde verde. -
Edipo: - O luce che non rivedrò più, che eri prima in qualche modo mia, mi illumini ora per l'ultima volta. Sono giunto. La vita finisce dove comincia.

domenica 13 maggio 2012

Da "Durante l'estate" di Ermanno Olmi

Lei - Dev'essere bello dare il proprio nome a un fiore
Lui - Ci sono paesi invece, dove sono i fiori che danno i loro nomi alle ragazze... Venga, scelga una di queste rose
Lei - ...Quella!
Lui - E' molto bella!
Lei - Vero?
Lui - Ecco, d'ora in poi, Principessa, lei si chiamerà come questa rosa e la rosa porterà il suo nome fino a quando ci saranno fiori sulla terra.
 




Il dialogo riportato qui sopra rappresenta il momento più poetico del film di Ermanno Olmi "Durante l'estate". Uscito nel 1971 e prodotto dalla Rai Radiotelevisione Italiana, questo film è a mio parere tra i migliori di Olmi, anche se la critica non lo ha mai considerato molto, e oggi son pochi coloro che lo ricordano. La scena del dialogo si svolge in un bellissimo parco del Nord Italia, e gli attori protagonisti sono Renato Paracchi e Rosanna Callegari.

sabato 12 maggio 2012

Film da vedere: "Picnic ad Hanging Rock"

Trama: Giorno di San Valentino del 1900: in un collegio femminile australiano è prevista una gita nei pressi della montagna chiamata Hanging Rock. Le ragazze partono, ma giunte sul luogo alcune di loro scompaiono misteriosamente.
Critica: Il migliore film australiano di sempre firmato Peter Weir; il film possiede un'eleganza, un senso del mistero e una drammaticità uniche. Bellissimi i paesaggi (resi ancor più affascinanti dall'ottima fotografia) e le musiche, intrigante e misteriosissima la vicenda narrata.




Titolo: Picnic ad Hanging Rock
Genere: Drammatico
Nazione: Australia
Anno: 1975
Regia: Peter Weir
Cast: Rachel Roberts, Helen Morse, Dominic Guard
Durata: 113 minuti


Il neorealismo

Il neoralismo ha rappresentato il punto più alto mai toccato dal cinema italiano, che fu conosciuto, apprezzato e largamente premiato all'estero grazie a registi eccezionali che seppero trasporre sul grande schermo la realtà della nostra patria così come era: nuda e cruda. Molti (soprattutto in Italia) accusarono questo tipo di cinema perché spietatamente e spudoratamente metteva in mostra le miserie nazionali, ma, a ripensarci oggi, tali accuse appaiono più che mai assurde e inopportune; dovevano forse i nostri cineasti nascondere una realtà esistente e non invece farla conoscere e denunciarla? Tra i compiti del cinema migliore, a mio avviso, c'è anche quello di informare, di porre sotto i riflettori tutto ciò che, pur presentando elementi di crudezza e di scomodità, fa parte della realtà. Da questo intento nacquero capolavori che ora sono delle pietre miliari del nostro cinema. I maggiori esponenti del neoralismo furono: Roberto Rossellini con "Roma città aperta" (1945), "Paisà" (1946) e "Germania anno zero" (1948); Vittorio De Sica con "Sciuscià" (1946), "Ladri di biciclette" (1948), "Miracolo a Milano" (1950) e "Umberto D." (1952); Luchino Visconti con "Ossessione" (1943), "La terra trema" (1948) e "Bellissima" (1951); Pietro Germi con "In nome della legge" (1948) e "Il cammino della speranza" (1950);  Giuseppe De Santis con "Caccia tragica" (1946), "Riso amaro" (1949) e "Non c'è pace tra gli ulivi" (1950). Una breve menzione per gli attori principali, a parte quelli che furono definiti "non professionisti" (e che furono in gran quantità perché secondo la concezione dei registi del neorealismo la realtà doveva essere raffigurata dalla gente comune), si ricordano: Aldo Fabrizi, Anna Magnani, Paolo Stoppa, Silvana Mangano, Raf Vallone, Lucia Bosè, Massimo Girotti, Clara Calamai ed altri ancora.
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Film da vedere: "L'eclisse"

Trama: Terminata una relazione amorosa deludente, Vittoria conosce Piero che di mestiere fa l'agente di borsa ed è un giovane spigliato nonchè molto cinico. Tra i due nasce l'amore negli stessi giorni in cui la madre di Vittoria subisce una cospicua perdita in denaro a causa di un crollo borsistico; chi si avvantaggia di tale situazione è proprio Piero che incassa una enorme somma in denaro. Da questo controverso episodio nasce la crisi del rapporto tra Vittoria e Piero.
Commento: È il miglior film dei tre che fanno parte della trilogia dell'incomunicabilità (gli altri sono "L'avventura" e "La notte"); particolarmente suggestive sono le immagini del quartiere Eur di Roma e memorabile e tra le più belle del cinema di sempre è sicuramente la scena finale in cui c'è l'eclisse (di sole) del titolo che avvenne realmente (e fu totale) il 15 febbraio del 1961.




Titolo: L'eclisse
Nazione: Italia
Anno: 1962
Genere: Drammatico
Regia: Michelangelo Antonioni
Cast: Monica Vitti, Alain Delon, Francisco Rabal, Lilla Brignone
Durata: 123 minuti.



Storia della carovana nel deserto

Io vedo una grandissima carovana che sta attraversando il deserto, in mezzo alla sabbia, e questa carovana è guidata da un vecchio con la barba tutta bianca, e questo vecchio uomo è cieco. Ora la carovana si ferma perché alcuni pensano di essersi smarriti, perché davanti a loro vedono le montagne, consultano la bussola per sapere qual è la direzione; il vecchio prende un pugno di sabbia, l'assaggia come se fosse da mangiare, poi gira la faccia verso il sole: - Figli - dice il vecchio cieco - vi state sbagliando, qui davanti a noi non ci sono le montagne, è soltanto la vostra immaginazione, continuiamo ad andare verso nord - E così tutti riprendono il cammino senza discutere e raggiungono finalmente la loro meta che è la Città del Nord, è là che ha inizio la storia, ma la vera storia che si svolge in questa città io non la conosco.

(Da "L'enigma di Kaspar Hauser" di Werner Herzog)

Le lettere de "I fidanzati" di Ermanno Olmi

1° LETTERA DI GIOVANNI
Nella lettera che mi hai scritto mi mandi solo notizie di mio padre e non mi dici niente di te. Come stai? Come va il morale? Perché non mi hai scritto? Sono 15 giorni che ti ho mandato la cartolina e ancora non mi hai risposto. Il mio indirizzo è sempre lo stesso, quello della pensione, l'ultimo che ti ho mandato. Salutami tutti e a te: una bacio.


1° LETTERA DI LILIANA
Caro Giovanni, ho ricevuto la cartolina, poi la tua lettera, non ti ho risposto subito perché non sapevo se veramente desideravi che ti scrivessi ancora; quando ho ricevuto la tua lettera ho avuto un po' di paura, volevo aprirla subito ma mi mancava sempre il coraggio, mentre salivo le scale ero emozionata e felice, poi improvvisamente, ho avuto quasi spavento di questa mia felicità, mi è presa una paura, non so perché, ho pensato di tutto, e i pensieri brutti erano tanti, più di quelli belli, ho pensato persino che quella potesse essere l'ultima tua lettera. Ho avuto paura, lo confesso, avevo perso la fiducia e anche la speranza, e adesso mi dispiace di aver pensato male di te. Sono stata a trovare tuo padre che sta bene e che mi ha detto di salutarti tanto, adesso la sera si mette davanti l'uscio della signora Seminari che tengono aperto perché fa caldo, e così vede la televisione, meno male che con questa scusa non va all'osteria.


2° LETTERA DI GIOVANNI
Carissima Liliana, qui è venuto giù un caldo terribile, sessanta gradi al sole e quarantacinque all'ombra, si sta bene solo nei locali della scuola aziendale perché hanno messo l'aria condizionata, chissà che caldo farà anche lì. Alla sera vai ancora a ballare? Io qui non ci sono più andato, non ci sono sale da ballo; ma non è solo per questo, io ero affiatato a ballare con te e con le altre non mi trovo, anche la domenica non mi trovo, vado un po' di qua un po' di là, e poi senza neanche la moto non so dove andare... Scrivimi appena puoi che mi fa piacere quando arrivo a casa la sera e la padrona della pensione mi dice che è arrivata posta. Saluti a mio papà e a tutti, a te un bacio.


2° LETTERA DI LILIANA
Caro Giovanni, quanti giorni sono passati dalla tua partenza! Più di due mesi ormai, e da allora non ho voluto più andare a ballare, non volevo tornare alla speranza, non volevo rivedere i nostri amici anche perché temevo mi chiedessero di te, magari con sorrisetti maligni, sai come fanno? E io mi sarei vergognata... E poi ti ricordi che eravamo lì insieme... Si può dire che ci siamo conosciuti proprio lì quando venivo a accompagnare mia sorella maggiore, avevo 15 o 16 anni, ti ricordi? E tu eri appena tornato da militare. Non te l'ho mai detto, ma la prima volta che mi hai chiesto di ballare io ti dissi di no perché non ero ancora capace, e allora mi sono fatta insegnare in casa, dalle mie amiche, così tutte le sere aspettavo che tu me lo chiedessi di nuovo. E da allora quanti altri ricordi! Belli e brutti, e figurati che da quando sei partito anche quelli brutti mi sono diventati cari, e tutti insieme a volte mi facevano venire una gran voglia di piangere, ma non volevo piangere, volevo farmi forte, e allora facevo le prove a rassegnarmi, casomai tu non avessi più voluto ritornare, e cercavo di respingerti e di cancellarti dai miei pensieri; ma adesso per fortuna è tutto cambiato e i tristi pensieri mi sembrano già lontanissimi.


3° LETTERA DI GIOVANNI
Che belle lettere che mi scrivi Liliana, e come dici bene le cose che vuoi dire! Io non sono così bravo, e forse non riesco a dirti tutto, però sono sicuro che mi capisci lo stesso, perché vedo che le cose che mi scrivi sono le stesse che provo io, e tu le dici anche per me.


3° LETTERA DI LILIANA
Lo sai, Giovanni? Forse questo viaggio ha fatto bene a tutti e due, forse è stata proprio questa lontananza che ci ha aiutati a capire tante cose. Quanto tempo è ormai che siamo fidanzati! Quanti anni! Più che fidanzati, tu lo sai, eppure non ci siamo mai confidati, non ci siamo mai parlati come ci si doveva parlare; ognuno si teneva i propri pensieri e ci si accontentava di stare insieme, ma forse questo nostro stare insieme era diventata solo un'abitudine, e non ci eravamo accorti di essere tornati soli. Siamo molto più vicini adesso; l'ho capito quando, ripensando a tutti i nostri momenti passati insieme, mi sembra di ricominciare tutto da capo, di rivivere le stesse cose ma come se fossimo diversi tutti e due: migliori.